Speaker's litblog, percorsi di lettura IPERLETTERATURA IN NEWSLETTER
- Su Cormac McCarthy fioriscono giudizi contrastanti. Sulle pagine culturali del Corriere della Sera, Livia Manera affronta così il leggendario autore della cosiddetta Trilogia della Frontiera (con cui ha reinventato il genere western, portandolo a livello della tragedia greca classica): "Lo sceriffo Bell di Non è un paese per vecchi, ultima fatica letteraria dell’ammiratissimo e controverso Omero di El Paso, Cormac McCarthy, attacca il primo dei soliloqui che scandiscono questa sordida crime story con la seguente affermazione: «Un ragazzo ho mandato alla camera a gas di Huntsville. Uno e soltanto uno. Su mio arresto e mia testimonianza». Peccato che in tutta la storia del Texas nessuno sia mai stato giustiziato in una camera a gas. Sarebbe un errore non da poco per chiunque, ma rischia di sembrare ancor più significativo per Cormac McCarthy: uno scrittore di straordinario talento, capace di una bellissima prosa, di atmosfere febbricitanti, di rendere omaggio alla natura del Texas con la tavolozza dei quadri di Remington, in due parole, di essere un grande scrittore del West e quindi uno scrittore grande in assoluto; ma allo stesso tempo adombrato dal sospetto di fare folklore, di confezionare sontuosi western di maniera, prendendosi - e facendosi prendere - molto sul serio".
Su Carmilla, Giuseppe Genna, autore di Dies Irae, il libro-saga appena uscito nella collana 24/7 di Rizzoli, la pensa in maniera molto diversa: "Occhio raggelante che vede tutto, quello di Cormac McCarthy: vede la decadenza americana e la descrive, seppure con brachilogismi magistrali, secondo le metriche delle grandi epopee, quelle che noi europei consideriamo minori, vergate dagli antichi quando gli imperi crollavano. Questo romanzo non è un campanello che squilla: è già la campana a morto di un Paese che, allegorizzato a vent'anni dall'attuale situazione, entra nel ventre molle dell'attualità, e lo squarcia senza remore".
- Cormac McCarthy viene richiamato anche sul blog della giornalista letteraria Loredana Lipperini, uno dei più frequentati tra i litblog della Rete italiana: si comincia da Leonardo Colombati, l'autore di Perceber, che recensisce l'ultimo romanzo di Mario Desiati, redattore di Nuovi Argomenti, e si finisce proprio con Cormac McCarthy. Una lunga sequenza di commenti commenta da sé quanto i lettori dei litblog ci tengano, a dire la propria e, al limite, a incendiare flame istantanei. Colombati approccia Desiati alla luce delle scorribande (fisiche e letterarie) di Pasolini: il mito della sua morte rovesciato in mitologia vivente.
- A proposito di Leonardo Colombati: sul blog Perceber ha lanciato una sorta di giudizio universale, che si sta sviluppando con inusitata partecipazione. Bisogna votare il più grande romanzo americano di tutti i tempi. Al momento è in testa Melville. Stanno risalendo la china William Burroughs e John Steinbeck. Il concorso continua, siete tutti invitati a partecipare!
- E' stato assegnato il Booker Prize, con un voto a sorpresa: Ad aggiudicarsi il primo posto è stata Julie Powell, una ex segretaria di New York che ha deciso di realizzare in diretta sul web le 524 complicate ricette di un famoso manuale, Mastering the art of French Cooking di Julia Child, la bibbia dei fornelli con cui nel 1961 la cucina francese sbarcò in America. Julie&Julia. 365 giorni, 524 ricette, una piccola cucina, una maratona culinaria intrecciata con la vita quotidiana di una giovane donna e di suo marito e soprattutto con i consigli e il sostegno prestato da un popolo sempre più vasto di lettori internet. Stampato dalla Penguin, il libro ha già venduto 100 mila copie. Praticamente, dal blog al libro al premio.
- Il Guardian resetta la propria zona-autori e regala agli amanti di Anthony Burgess un resumé completo, che vale un microportale. Di Burgess va segnalato lo splendido intervento su D.H. Lawrence presente qui.
- Rappresentazione teatrale di successo per l'immortale Dostoevskij: a Milano, la versione da palcoscenico di Delitto e castigo, secondo Glauco Mauri, incensato e intervistato da il Giornale: «L'insensatezza del delitto di Raskolnikov è la stessa dell'uomo di oggi - basta guardarsi intorno. Dostoevskij ci ha lasciato in eredità un romanzo che ben si adatta anche ai nostri tempi, periodo nel quale - conferma il regista, adattatore ed interprete - si uccide con tale violenza. È importante però esaminare le prese di posizione della gente, uno strumento per comprendere meglio ciò che è insito nell'essere umano».
Aprile 2006
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