Pahor è nato a Trieste, all'epoca porto principale dell'Impero Austro-Ungarico, figlio di Franc Pahor e di Marija Ambrožič, è stato coniuge della scrittrice slovena Radoslava Premrl, nata nel 1921 e morta nel 2010.
A sette anni assisté all'incendio del Narodni dom, sede centrale delle organizzazioni della comunità slovena di Trieste. L'esperienza lo segnò per tutta la vita, e affiora spesso nei suoi romanzi e racconti.
Finita la scuola media, poiché l'istituzione scolastica slovena era stata soppressa, frequenta - per volontà dei genitori - il seminario di Capodistria, che non termina, anche se continua a studiare teologia fino al 1938. Stabilisce stretti rapporti con alcuni giovani intellettuali sloveni di Trieste; tra questi spiccano le figure del poeta Stanko Vuk, di Zorko Jelinčič, cofondatore della organizzazione terrorista slovena TIGR (e padre dello scrittore Dušan Jelinčič) e dei pittori Augusto Černigoj e Lojze Spacal. Negli stessi anni incomincia il carteggio con il poeta e pensatore personalista sloveno Edvard Kocbek, nel quale riconoscerà un'importante guida morale ed estetica.
Nel 1940 è arruolato nell'Esercito italiano e inviato al fronte in Libia. Dopo l'armistizio dell'otto settembre torna a Trieste, ormai soggetta all'occupazione tedesca. Dopo alcuni giorni decide di unirsi alle truppe partigiane slovene che operavano nella Venezia Giulia. Nel 1955 descriverà quei giorni decisivi nel famoso romanzo Mesto v zalivu ("Città nel golfo"), col quale diventerà celebre nella vicina Slovenia. Nel 1944 fu catturato dai nazisti e internato in vari campi di concentramento in Francia e in Germania (Natzweiler-Struthof, Dachau, Bergen-Belsen).
Finita la guerra, torna nella città natale, aderendo a numerose imprese culturali dell'associazionismo cattolico e non-comunista sloveno. Dopo essersi laureato in Lettere all'Università di Padova nell'ottobre del 1947, si dedica all'insegnamento della letteratura italiana. Negli anni cinquanta è il redattore principale della rivista triestina Zaliv (Golfo) che si occupa, oltre che di temi strettamente letterari, anche di questioni di attualità. In questo periodo, Pahor continua a mantenere stretti rapporti con Edvard Kocbek, ormai diventato un dissidente nel regime comunista jugoslavo. I due sono legati da uno stretto rapporto di amicizia.
Nel 1975 Pahor pubblica, assieme all'amico triestino Alojz Rebula, il libro "Edvard Kocbek: testimone della nostra epoca" (Edvard Kocbek: pričevalec našega časa). Nel libro-intervista, pubblicato a Trieste, il poeta sloveno denuncia il massacro di 12.000 prigionieri di guerra, appartenenti alla milizia anti-comunista slovena (domobranci), e i crimini delle foibe perpetrati dal regime comunista jugoslavo nel maggio del 1945. Il libro provoca durissime reazioni da parte del governo jugoslavo. Le opere di Pahor vengono proibite nella Repubblica Socialista di Slovenia e a Pahor viene vietato l'ingresso in Jugoslavia.
Grazie alle sue posizioni morali ed estetiche, Pahor diventa uno dei più importanti punti di riferimento per la giovane generazione di letterati sloveni, a cominciare da Drago Jančar.
L'opera più nota di Pahor è Necropoli, romanzo autobiografico sulla sua prigionia a Natzweiler-Struthof.
Le sue opere in sloveno sono tradotte in francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, italiano, catalano e finlandese.
Nel giugno del 2008 ha vinto il Premio Internazionale Viareggio-Versilia, nel maggio del 2007 è stato insignito con la onorificenza francese della Legion d'onore, il Premio Prešeren, maggiore onorificenza slovena nel campo culturale (1992) e il San Giusto d'Oro 2003. Nel 2008 è stato finalista e quindi vincitore del Premio Napoli per la categoria "Letterature straniere" con Necropoli.
Il 17 febbraio 2008 è stato ospite nella trasmissione televisiva "Che tempo che fa" di Fabio Fazio.
Nel novembre 2008 gli è stato conferito il Premio Resistenza per il libro Necropoli. Il 18 dicembre 2008 Necropoli è stato eletto Libro dell'Anno da una giuria di oltre tremila ascoltatori del programma culturale di Radio3 Fahrenheit. Nel 2012 gli è stato assegnato il "Premio Letterario Internazionale Alessandro Manzoni - città di Lecco" per la sua autobiografia Figlio di nessuno.
È candidato nella lista della Südtiroler Volkspartei (SVP), collegata con il Slovenska Skupnost per le elezioni europee del 2009.
Nel dicembre del 2009 è stato protagonista insieme al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza della polemica per l'assegnazione del Sigillo Trecentesco della città. Il comune avrebbe infatti voluto insignire Boris Pahor senza citare nella motivazione le colpe del fascismo, fatto al quale lo scrittore si era opposto.
Alla fine di ottobre 2010 è stato coinvolto in un attacco neofascista con scritte inneggianti alla rivoluzione fascista sui muri dell'ex Narodni dom a Trieste.
Pahor è pensionato e vive a Trieste.
Il 24 dicembre 2010, Pahor rilasciò una intervista al Primorske Novice in cui dichiarò che l'elezione a sindaco di Pirano del medico di colore Peter Bossman, originario del Ghana, era "un brutto segno", indice di una mancanza di coscienza nazionale per gli sloveni. Nella stessa intervista, lamentò un atteggiamento poco amichevole dell'Austria nei confronti della minoranza slovena in Carinzia, così come mire italiane di "ri-italianizzazione" dell'Istria.[1] Successivamente, Pahor ridimensionò le proprie dichiarazioni, respingendo le accuse di razzismo e dichiarando di considerare Bossman "un bravo medico, un signore che rispetto", e che la sua intenzione era "semplicemente far notare che gli sloveni, a vent'anni dal plebiscito per l'indipendenza della Slovenia, non si sono impegnati a far crescere una classe politica autoctona".[2][3]
Tuttavia, l'eco a livello internazionale della sua prima intervista ha causato un certo imbarazzo nelle autorità pubbliche slovene, che hanno preso le distanze dalle sue esternazioni. L'ex sindaco di Capodistria Aurelio Juri ha duramente criticato le affermazioni dello scrittore, dicendo che "non è la prima volta che Pahor rilascia dichiarazioni improntate al nazionalismo e all'ostilità nei confronti dei vicini", riferendosi alla sua opposizione all'arbitrato internazionale sui confini con la Croazia, aggiungendo che "era, tuttavia, difficile immaginare che si sarebbe espresso anche in termini razzisti".[4]
Quelle: Italienisches Wikipedia
Der Autor Boris Pahor war Häftling in Bergen-Belsen und möchte nun die Erinnerung an die Opfer mit einer Ausstellung lebendig halten. Ein Gespräch über sein Leben und die Zukunft.
Ein Interview in der FAZ vom 16. Juli 2014 http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/schriftsteller-boris-pahor-im-gespraech-was-ein-hundertjaehriger-zu-erzaehlen-hat-13047
Herr
Boris Pahor
Ort:
Triest
Tätigkeit: Schriftsteller
Telephonnummer :
Handynummer:
Fax:
E-Mail:
Geburtsdatum:
26. August 1913
Geburtsort: Triest
Todesdatum:
Todesort:
Land:
Slovenia
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