Stichworte: Melancholie, Thomas Bernhard, österreichischer Nationalcharakter, Michael Haneke und Elfriede Jelinek.
Siamo una camera attraversata da venti continui
Lunedì, 02 Giugno 2014
Contro il concetto di identità nazionale
di Roberto Gigliucci
Uno dei caratteri del melanconico è anche quello di denigrare il proprio paese. Lo ha fatto rigogliosamente e sfrenatamente Thomas Bernhard nei confronti della sua Austria, e forse non aveva tutti i torti, se si va poi a guardare un film come Il nastro bianco del grande Haneke o si leggono i romanzi della Nobel Jelinek. “L’elemento cattolico-nazionalsocialista, i metodi educativi cattolico-nazionalsocialisti sono però normali in Austria, consueti, i più largamente diffusi e dunque producono dappertutto, senza ostacoli, effetti devastanti e crudeli su un intero popolo in definitiva nazionalsocialista e cattolico”, come si trova scritto in Estinzione di Bernhard, edizione italiana (traduzione dal tedesco di Andreina Lavagetto) di Auslöschung del 1986. Insomma, noi italiani siamo in ottima compagnia.
Parlare male degli italiani è un diritto solo degli italiani, peraltro, i quali si alterano se sono i forestieri a parlar male di loro. Solo noi dobbiamo denigrarci, perché in realtà ci riteniamo il popolo migliore del mondo. E in realtà non siamo né strame né gemme, siamo come tutti, magari senza averne precisa consapevolezza. E dunque il problema dell’identità. Premesso che l’identità è una costruzione, e che quindi l’identità nazionale è una super-costruzione, potremmo anche dire volgarmente che l’identità nazionale è una super-cazzata. E soprattutto che ogni identità è un danno.
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